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Apuleio di Madaura
In
questa stessa atmosfera d’accoglimento dei culti misterici orientali
e d’accentuazione degli elementi mistici in una cornice platonica,
si colloca l'opera di Apuleio di Madaura (125 d.C.-?).: Le notizie in
suo riguardo sono poche. Sappiamo che nacque a Madaura intorno al 125
d.C. che è la persona più famosa e affascinante dell’età
degli Antonini, e che studiò a Cartagine, dove apprese le regole
dell’eloquenza latina; si recò poi ad Atene, per avviarsi
allo studio del pensiero Greco. Fu famoso al suo tempo perché si
fece iniziare a tutti i culti più o meno segreti che a quei tempi
abbondavano nell’Oriente mediterraneo. La sua speranza era di trovare
il segreto delle cose e, al pari della sua eroina Psiche, si abbandonava
a tutti i dèmoni della curiosità, avventurandosi fino alle
frontiere del sacrilegio. La strada del ritorno dalla Grecia all’Africa,
lo condusse in Egitto ad Oea (odierna Tripoli), dove incontrò Scizio
Ponziano, un antico compagno di studi di Atene, che lo convinse a sposare
sua madre, Pudentilla, la quale, rimasta vedova, desiderava riprendere
marito. Si sposarono e i parenti della donna, adirati nel vedere compromessa
l’eredità, portarono in giudizio il filosofo accusandolo
di aver plagiato e sedotto la donna con arti magiche per impossessarsi
dei suoi averi, e lo accusarono al governatore della provincia (una legge
dell’81 a.C. prevedeva infatti la pena di morte per chi praticasse
la magia). Per difendersi compose un’arringa scintillante di spirito
che ci è conservata con il titolo di “Apologia”. Dopo
il processo, lo scrittore tornò a Cartagine, dove ottenne varie
dignità e dove proseguì la sua brillante carriera di conferenziere.
Infine, la sua morte va collocata probabilmente dopo il 170 d.C. dal momento
che da quest’anno in poi non abbiamo più notizie sul suo
conto.
D’ingegno
vivace ed inquieto, Apuleio non fu soltanto un esponente di questa corrente
mistica: nella sua Apologia, difendendosi dall'accusa di magia che interessatamente
gli era stata rivolta, sostiene che, insieme alla speculazione sul destino
dell'anima, l'interesse per il mondo naturale, lo studio dei processi
e dei fenomeni della natura erano stati sempre un tema dominante delle
più famose scuole filosofiche e dei suoi più grandi rappresentanti.
Quelle che infatti gli vengono rivolte, sono le accuse di gente rozza
e ignorante che confonde l’interesse scientifico e gli atti di devozione
religiosa (che fanno parte di una “magia positiva”) con riti
di stregoneria. Nonostante l’argomento risolutivo a suo favore consista
nelle disposizioni testamentarie della consorte, che dava come suo unico
erede il figlio, Apuleio fonda la sua autodifesa sulla dimostrazione della
sua superiorità culturale.
L'interesse filosofico di Apuleio si appunta specialmente sulle dottrine
platoniche ed aristoteliche, che aveva avuto modo di apprendere ad Atene
in uno dei suoi tanti viaggi; scrive così il De Platone et eius
dogmate, un'interpretazione delle tesi platoniche, il De deo Socratis,
un tentativo di interpretare il "demone" da cui Socrate dichiarava
di ricevere le sue prescrizioni nella chiave della demonologia contemporanea,
il De mundo, una trasposizione in latino dell'omonimo trattato pseudoaristotelico.
Ma l'opera più importante di Apuleio sono le Metamorfosi, un romanzo
ispirato al tema platonico dell'anima rinchiusa nel "carcere"
del corpo, che solo dopo una lunga opera di purificazione e d’espiazione
riesce a liberarsi ed a salvarsi; il tema platonico viene "conciliato"
con le esigenze misteriche delle religioni orientali, e infatti il protagonista
del romanzo viene salvato da un sacerdote di Iside, ed al culto di questa
divinità dichiara di volersi convertire.
Le metamorfosi
Apuleio
descrive nelle “Metamorfosi”le vicende di Lucio che trova
diverse stesure in numerosi autori latini: si ritiene che la versione
di Apuleio sia un adattamento di un poeta Bizantino, Lucio di Patre. Nelle
“Metamorfosi” così come nel “Satyricon”,
lo stile viene adattato in base alla materia narrata: ogni singolo personaggio
presenta un proprio codice, una propria peculiarità, delle mezze
tinte. Lucio, il protagonista prova qualsiasi tipo d’esperienza
perché spinto dalla curiositas. Egli spinto dalla curiosità
di sperimentare le arti magiche, finisce per trasformarsi in asino. Presenta,
come ogni uomo, dei limiti: infatti dopo la sua trasformazione, per opera
di una giovane servetta, il ritorno ad essere umano è solo possibile
grazie all’intervento della Dea Iside. Si ha quindi una riappacificazione
con gli Dei, ma allo stesso tempo un’unione con l’intera natura,
l’unico elemento che può portare alla conoscenza dell’intero
universo. Lucio si è macchiato di bassa sensualità e di
una sacrilega curiosità che hanno reso la sua condizione sempre
più miserevole, fino a toccare il fondo. Alla caduta segue l’espiazione
in un corpo animalesco ed in fine il riscatto dell’anima, come prevedevano
le religioni orientali. Lucio affronta diverse situazioni: proprio da
queste Lucio cerca di imparare per compiere un progresso, una trasformazione.
Tramite quest’esperienza di Lucio viene messo di fronte alla realtà
e allo stesso tempo giunge alla verità: questo lungo processo che
deve portare alla comprensione mistico- filosofica della realtà
è giustificata dalla conoscenza delle arti magiche da parte dell’autore.
Quest’ultimo, come Petronio, non critica il mondo a lui contemporaneo,
ma descrive le diverse peripezie di Lucio per il gusto di raccontare.
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