I culti misterici a Roma |
· I culti misterici a Roma Uno dei principali filoni culturali del medio-platonismo fu il neo-pitagorismo. In questo periodo nel tentativo di leggere Platone alla luce di Pitagora i neopitagorici non compiono un'opera di esegesi storica, bensì inseriscono nelle loro riflessioni elementi che provengono da tradizioni culturali molto diverse, e in primo luogo dalle culture orientali: sono così riprese ideologie religiose e mistiche, credenze popolari sul mondo ultraterreno, con tutto il corredo di soteriologie, demonologie, sentenze oracolari, divinazioni; viene accentuata nel contempo quella tendenza fortemente presente nell'età ellenistica di intendere la filosofia come "medicina dell'anima" e, di più, come "salvezza dell'anima". S’intendeva
ora la "filosofia" in tutt'altra maniera, più come una
generica "sapienza" capace di assicurare a chi la possiede gli
strumenti per un’elevazione spirituale o addirittura di una salvezza
oltremondana, che come una tecnica di ricerca speculativa o un insieme
di dottrine diverse caratterizzate in ogni modo da un analogo metodo d'indagine.
È indicativo, da questo punto di vista, che l'idea di una derivazione
della filosofia greca dalla sapienza orientale comincia a nascere e ad
affermarsi proprio in questo periodo: i più grandi filosofi greci,
e in primo luogo Platone, non hanno fatto altro che attingere alle sapienze
nascoste della cultura orientale ed agli insegnamenti segreti dei loro
sacerdoti, in primo luogo egiziani ed ebraici. |
In questa stessa atmosfera d’accoglimento dei culti misterici orientali e d’accentuazione degli elementi mistici in una cornice platonica, si colloca l'opera di Apuleio di Madaura (125 d.C.-?).: Le notizie in suo riguardo sono poche. Sappiamo che nacque a Madaura intorno al 125 d.C. che è la persona più famosa e affascinante dell’età degli Antonini, e che studiò a Cartagine, dove apprese le regole dell’eloquenza latina; si recò poi ad Atene, per avviarsi allo studio del pensiero Greco. Fu famoso al suo tempo perché si fece iniziare a tutti i culti più o meno segreti che a quei tempi abbondavano nell’Oriente mediterraneo. La sua speranza era di trovare il segreto delle cose e, al pari della sua eroina Psiche, si abbandonava a tutti i dèmoni della curiosità, avventurandosi fino alle frontiere del sacrilegio. La strada del ritorno dalla Grecia all’Africa, lo condusse in Egitto ad Oea (odierna Tripoli), dove incontrò Scizio Ponziano, un antico compagno di studi di Atene, che lo convinse a sposare sua madre, Pudentilla, la quale, rimasta vedova, desiderava riprendere marito. Si sposarono e i parenti della donna, adirati nel vedere compromessa l’eredità, portarono in giudizio il filosofo accusandolo di aver plagiato e sedotto la donna con arti magiche per impossessarsi dei suoi averi, e lo accusarono al governatore della provincia (una legge dell’81 a.C. prevedeva infatti la pena di morte per chi praticasse la magia). Per difendersi compose un’arringa scintillante di spirito che ci è conservata con il titolo di “Apologia”. Dopo il processo, lo scrittore tornò a Cartagine, dove ottenne varie dignità e dove proseguì la sua brillante carriera di conferenziere. Infine, la sua morte va collocata probabilmente dopo il 170 d.C. dal momento che da quest’anno in poi non abbiamo più notizie sul suo conto. D’ingegno
vivace ed inquieto, Apuleio non fu soltanto un esponente di questa corrente
mistica: nella sua Apologia, difendendosi dall'accusa di magia che interessatamente
gli era stata rivolta, sostiene che, insieme alla speculazione sul destino
dell'anima, l'interesse per il mondo naturale, lo studio dei processi
e dei fenomeni della natura erano stati sempre un tema dominante delle
più famose scuole filosofiche e dei suoi più grandi rappresentanti.
Quelle che infatti gli vengono rivolte, sono le accuse di gente rozza
e ignorante che confonde l’interesse scientifico e gli atti di devozione
religiosa (che fanno parte di una “magia positiva”) con riti
di stregoneria. Nonostante l’argomento risolutivo a suo favore consista
nelle disposizioni testamentarie della consorte, che dava come suo unico
erede il figlio, Apuleio fonda la sua autodifesa sulla dimostrazione della
sua superiorità culturale.
Apuleio
descrive nelle “Metamorfosi”le vicende di Lucio che trova
diverse stesure in numerosi autori latini: si ritiene che la versione
di Apuleio sia un adattamento di un poeta Bizantino, Lucio di Patre. Nelle
“Metamorfosi” così come nel “Satyricon”,
lo stile viene adattato in base alla materia narrata: ogni singolo personaggio
presenta un proprio codice, una propria peculiarità, delle mezze
tinte. Lucio, il protagonista prova qualsiasi tipo d’esperienza
perché spinto dalla curiositas. Egli spinto dalla curiosità
di sperimentare le arti magiche, finisce per trasformarsi in asino. Presenta,
come ogni uomo, dei limiti: infatti dopo la sua trasformazione, per opera
di una giovane servetta, il ritorno ad essere umano è solo possibile
grazie all’intervento della Dea Iside. Si ha quindi una riappacificazione
con gli Dei, ma allo stesso tempo un’unione con l’intera natura,
l’unico elemento che può portare alla conoscenza dell’intero
universo. Lucio si è macchiato di bassa sensualità e di
una sacrilega curiosità che hanno reso la sua condizione sempre
più miserevole, fino a toccare il fondo. Alla caduta segue l’espiazione
in un corpo animalesco ed in fine il riscatto dell’anima, come prevedevano
le religioni orientali. Lucio affronta diverse situazioni: proprio da
queste Lucio cerca di imparare per compiere un progresso, una trasformazione. |