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I culti misterici a Roma
Apuleio di Madaura

 

…leggo presso molti scrittori che nella lingua dei Persiani il mago equivale al nostro sacerdote…

avete sentito, dunque, voi che accusate sconsideratamente la magia, che essa è un arte accetta agli dei mortali, che ben conosce il modo di onorarli e venerarli, un arte pia, evidentemente, tanto è vero che è insegnata tra le prime discipline che si addicono ad un re, e ad un persiano qualunque non è concesso di essere un mago, tanto più che essere un re.”
Apuleio di Madaura (Apologia 25-27)

 

 

 

 


· I culti misterici a Roma

Uno dei principali filoni culturali del medio-platonismo fu il neo-pitagorismo. In questo periodo nel tentativo di leggere Platone alla luce di Pitagora i neopitagorici non compiono un'opera di esegesi storica, bensì inseriscono nelle loro riflessioni elementi che provengono da tradizioni culturali molto diverse, e in primo luogo dalle culture orientali: sono così riprese ideologie religiose e mistiche, credenze popolari sul mondo ultraterreno, con tutto il corredo di soteriologie, demonologie, sentenze oracolari, divinazioni; viene accentuata nel contempo quella tendenza fortemente presente nell'età ellenistica di intendere la filosofia come "medicina dell'anima" e, di più, come "salvezza dell'anima".

S’intendeva ora la "filosofia" in tutt'altra maniera, più come una generica "sapienza" capace di assicurare a chi la possiede gli strumenti per un’elevazione spirituale o addirittura di una salvezza oltremondana, che come una tecnica di ricerca speculativa o un insieme di dottrine diverse caratterizzate in ogni modo da un analogo metodo d'indagine. È indicativo, da questo punto di vista, che l'idea di una derivazione della filosofia greca dalla sapienza orientale comincia a nascere e ad affermarsi proprio in questo periodo: i più grandi filosofi greci, e in primo luogo Platone, non hanno fatto altro che attingere alle sapienze nascoste della cultura orientale ed agli insegnamenti segreti dei loro sacerdoti, in primo luogo egiziani ed ebraici.
Il punto d'incontro degli interessi più vivi in questo periodo è ad Oriente, in Egitto, ad Alessandria. Ad Alessandria s’insegna e si pratica la nuova filosofia, quella che soddisfa le esigenze più sentite del momento: ma proprio mentre la "filosofia" diventa qualcosa di riservato a pochi iniziati capaci di intraprendere il nuovo cammino, essa acquista allo stesso tempo i caratteri propri di una nuova religione "popolare", quegli stessi caratteri dai quali alle sue origini si era dovuta liberare per costituirsi appunto come filosofia.
Le religioni misteriche dell'Oriente con i loro culti, i vecchi riti orfico-pitagorici, le pratiche magiche, astrologiche e divinatorie, tendevano ormai a soppiantare le religioni tradizionali, assorbendo per di più dalle filosofie ellenistiche tutti quegli elementi che valorizzavano e sottolineavano l'individualità. Come le filosofie ellenistiche puntavano alla "felicità" del singolo, prescindendo dalla considerazione del contesto politico nel quale l'individuo viveva ed agiva, così le religioni misteriche offrivano al suddito dell'impero romano le stesse "consolazioni": una volta superata l'iniziazione ai culti, qualunque fosse la gerarchia nella quale il suddito era inserito, il fedele faceva parte di una comunità d’eletti che gli offriva la certezza di un contatto diretto e immediato con la divinità e gli garantiva la salvezza della propria anima, in un mondo nel quale il resto degli uomini era destinato a perdersi. Questa atmosfera spirituale, che fu alla base dello stesso cristianesimo, era dovuta anche alla perdita di significato dei valori filosofici e culturali in genere della Grecia classica, in un periodo di precarietà e d’incertezza sempre più diffuse nell'impero di Roma: a partire proprio dalla II metà del II secolo d.C. il principato non si presentava più dotato di quella capacità di assicurare pax e tranquillitas che aveva avuto alle sue origini, e i primi segni di una grave crisi prima economica e poi politica e sociale cominciano ad apparire all'orizzonte.


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· Apuleio di Madaura

Burne JonesIn questa stessa atmosfera d’accoglimento dei culti misterici orientali e d’accentuazione degli elementi mistici in una cornice platonica, si colloca l'opera di Apuleio di Madaura (125 d.C.-?).: Le notizie in suo riguardo sono poche. Sappiamo che nacque a Madaura intorno al 125 d.C. che è la persona più famosa e affascinante dell’età degli Antonini, e che studiò a Cartagine, dove apprese le regole dell’eloquenza latina; si recò poi ad Atene, per avviarsi allo studio del pensiero Greco. Fu famoso al suo tempo perché si fece iniziare a tutti i culti più o meno segreti che a quei tempi abbondavano nell’Oriente mediterraneo. La sua speranza era di trovare il segreto delle cose e, al pari della sua eroina Psiche, si abbandonava a tutti i dèmoni della curiosità, avventurandosi fino alle frontiere del sacrilegio. La strada del ritorno dalla Grecia all’Africa, lo condusse in Egitto ad Oea (odierna Tripoli), dove incontrò Scizio Ponziano, un antico compagno di studi di Atene, che lo convinse a sposare sua madre, Pudentilla, la quale, rimasta vedova, desiderava riprendere marito. Si sposarono e i parenti della donna, adirati nel vedere compromessa l’eredità, portarono in giudizio il filosofo accusandolo di aver plagiato e sedotto la donna con arti magiche per impossessarsi dei suoi averi, e lo accusarono al governatore della provincia (una legge dell’81 a.C. prevedeva infatti la pena di morte per chi praticasse la magia). Per difendersi compose un’arringa scintillante di spirito che ci è conservata con il titolo di “Apologia”. Dopo il processo, lo scrittore tornò a Cartagine, dove ottenne varie dignità e dove proseguì la sua brillante carriera di conferenziere. Infine, la sua morte va collocata probabilmente dopo il 170 d.C. dal momento che da quest’anno in poi non abbiamo più notizie sul suo conto.

D’ingegno vivace ed inquieto, Apuleio non fu soltanto un esponente di questa corrente mistica: nella sua Apologia, difendendosi dall'accusa di magia che interessatamente gli era stata rivolta, sostiene che, insieme alla speculazione sul destino dell'anima, l'interesse per il mondo naturale, lo studio dei processi e dei fenomeni della natura erano stati sempre un tema dominante delle più famose scuole filosofiche e dei suoi più grandi rappresentanti. Quelle che infatti gli vengono rivolte, sono le accuse di gente rozza e ignorante che confonde l’interesse scientifico e gli atti di devozione religiosa (che fanno parte di una “magia positiva”) con riti di stregoneria. Nonostante l’argomento risolutivo a suo favore consista nelle disposizioni testamentarie della consorte, che dava come suo unico erede il figlio, Apuleio fonda la sua autodifesa sulla dimostrazione della sua superiorità culturale.
L'interesse filosofico di Apuleio si appunta specialmente sulle dottrine platoniche ed aristoteliche, che aveva avuto modo di apprendere ad Atene in uno dei suoi tanti viaggi; scrive così il De Platone et eius dogmate, un'interpretazione delle tesi platoniche, il De deo Socratis, un tentativo di interpretare il "demone" da cui Socrate dichiarava di ricevere le sue prescrizioni nella chiave della demonologia contemporanea, il De mundo, una trasposizione in latino dell'omonimo trattato pseudoaristotelico. Ma l'opera più importante di Apuleio sono le Metamorfosi, un romanzo ispirato al tema platonico dell'anima rinchiusa nel "carcere" del corpo, che solo dopo una lunga opera di purificazione e d’espiazione riesce a liberarsi ed a salvarsi; il tema platonico viene "conciliato" con le esigenze misteriche delle religioni orientali, e infatti il protagonista del romanzo viene salvato da un sacerdote di Iside, ed al culto di questa divinità dichiara di volersi convertire.


Le metamorfosi

affresco - Castello di San SecondoApuleio descrive nelle “Metamorfosi”le vicende di Lucio che trova diverse stesure in numerosi autori latini: si ritiene che la versione di Apuleio sia un adattamento di un poeta Bizantino, Lucio di Patre. Nelle “Metamorfosi” così come nel “Satyricon”, lo stile viene adattato in base alla materia narrata: ogni singolo personaggio presenta un proprio codice, una propria peculiarità, delle mezze tinte. Lucio, il protagonista prova qualsiasi tipo d’esperienza perché spinto dalla curiositas. Egli spinto dalla curiosità di sperimentare le arti magiche, finisce per trasformarsi in asino. Presenta, come ogni uomo, dei limiti: infatti dopo la sua trasformazione, per opera di una giovane servetta, il ritorno ad essere umano è solo possibile grazie all’intervento della Dea Iside. Si ha quindi una riappacificazione con gli Dei, ma allo stesso tempo un’unione con l’intera natura, l’unico elemento che può portare alla conoscenza dell’intero universo. Lucio si è macchiato di bassa sensualità e di una sacrilega curiosità che hanno reso la sua condizione sempre più miserevole, fino a toccare il fondo. Alla caduta segue l’espiazione in un corpo animalesco ed in fine il riscatto dell’anima, come prevedevano le religioni orientali. Lucio affronta diverse situazioni: proprio da queste Lucio cerca di imparare per compiere un progresso, una trasformazione.
Tramite quest’esperienza di Lucio viene messo di fronte alla realtà e allo stesso tempo giunge alla verità: questo lungo processo che deve portare alla comprensione mistico- filosofica della realtà è giustificata dalla conoscenza delle arti magiche da parte dell’autore. Quest’ultimo, come Petronio, non critica il mondo a lui contemporaneo, ma descrive le diverse peripezie di Lucio per il gusto di raccontare.


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